Sul danno parentale riflesso si apre il gap tra le tabelle di Roma e Milano

Articolo di Avv. Maurizio Hazan
Pubblicazione: Il Sole 24 Ore
Data: 13 Febbraio 2023

Il risarcimento del danno “riflesso” segna la distanza tra le tabelle dei Tribunali di Roma e di Milano. Si tratta di una categoria di danno parentale, che ricorre quando l’illecito provoca alla vittima una invalidità permanente di gravità tale da compromettere la qualità della relazione parentale (l’altra categoria è quella del danno da completa perdita del rapporto parentale, nel caso di morte del congiunto).
Nel caso di danno “riflesso” le due tabelle di liquidazione del danno non sono equivalenti: quella romana appare fedele all’impostazione abbracciata dalla Cassazione, mentre quella milanese finisce per attribuire al giudice una libertà valutativa non coerente con le indicazioni della Suprema corte. Vediamo perché.

L’evoluzione
Nell’ultimo biennio la Cassazione ha impresso alcuni cambi di rotta in materia di liquidazione del danno parentale. Per quantificare il risarcimento del danno a lungo sono stati in prevalenza applicati i criteri liquidativi della tabella dell’Osservatorio del Tribunale di Milano, alle quali la Cassazione, dal 2011, aveva attribuito valore “paranormativo” in tutti i casi in cui (come nel danno parentale) manchino esatte indicazioni di legge.
Ma la Cassazione, con la sentenza 10579/2021, proprio in relazione al danno parentale ha sconfessato le ampie forbici liquidative della tabella milanese (che lasciava troppa discrezionalità al giudice di merito) e predicato invece l’applicazione del metodo “a punti” adottato dal Tribunale di Roma. Metodo che garantisce una migliore predittività in quanto mirato a calcolare il risarcimento in funzione del valore di un “punto base” e della predeterminazione di punteggi attribuiti a una serie di elementi di fatto che concorrono a determinare la maggiore o minore gravità del danno (tra cui l’età della vittima, il grado di parentela e la convivenza).
Conformandosi a tali indicazioni, l’Osservatorio della giustizia civile del Tribunale di Milano ha adottato il metodo a punti e la Cassazione, con la sentenza 37009/2022, ha riabilitato la tabella meneghina del danno parentale, affermandone la piena utilizzabilità, al pari di quella romana: spetterà al giudice del merito optare per l’una o per l’altra, motivando la scelta.
Senonché, per quanto assimilabili nell’impostazione di fondo, le due tabelle non restituiscono valutazioni identiche, il che mette in crisi il principio di “giustizia orizzontale” e di uniformità (delle liquidazioni sull’intero territorio nazionale) che costituisce la ragione stessa dell’adozione del metodo tabellare. Il che, oltre a non agevolare la definizione transattiva e stragiudiziale delle controversie, potrebbe indurre scelte opportunistiche nell’incardinare il giudizio e nel formulare la domanda risarcitoria.

Le differenze
Questa differenza emerge con particolare evidenza soprattutto allorché si tratti del danno riflesso. Al riguardo, la tabella di Roma fornisce precise indicazioni, individuando il valore del punto base (6.000 euro), suddividendolo in due componenti, l’una afferente alle sofferenze morali e l’altra allo sconvolgimento del rapporto parentale sul piano dinamico relazionale (sconvolgimento a sua volta diversamente valutato in funzione del riconoscimento o meno, a favore della vittima primaria, di prestazioni assistenziali da parte di terzi). A chiudere il cerchio, la valutazione complessiva del danno si ottiene moltiplicando la risultante del calcolo puntuale per la percentuale del danno biologico residuato alla vittima primaria.
Non altrettanto accade nella tabella di Milano. La Cassazione, nell’ordinanza 2221/2023, ha affermato che questa tabella prevede «solo un tetto massimo, corrispondente a quello del danno da morte del congiunto. Manca quindi una soglia minima».In realtà tale affermazione sembra riferirsi alla versione precedente alla nuova edizione 2022 della tabella di Milano, la quale, nell’allegato 2 (“domande e risposte”) giustifica la mancanza di una tabella ad hoc con la non reperibilità di un numero di sentenze utile a una significativa ricognizione statistica. Per questo il giudice potrà liberamente valutare se avvalersi della stessa tabella«sul danno da perdita del rapporto parentale corrispondente al tipo di rapporto parentale gravemente leso, opportunamente adattando e calibrando la liquidazione al caso concreto, per quanto dedotto e provato». Nessun necessario e specifico riferimento a punti o alla misura del danno alla salute sofferto dal parente (macro) leso. È quindi ampio il margine di discrezionalità lasciato al giudice.
È apprezzabile l’onestà con la quale l’Osservatorio milanese ha dichiarato di non poter stilare una tabella a punti, in assenza di basi statistiche adeguate. E va di converso rilevato come la struttura tabellare romana non faccia alcun cenno circa il campione di sentenze “osservate” prima di estrarre il valore del punto. Anche per tale ragione rimane, sullo sfondo, il dubbio che il danno parentale, e soprattutto il danno riflesso, non si presti a misurazioni esatte, ricavate dall’analisi della prassi, e sia invece meglio gestibile mediante una valutazione equitativa da compiersi caso per caso, seppur entro alcune coordinate di massima.
Sempre che le incertezze non siano risolte una volta per tutte demandando la scelta dei parametri liquidativi alla determinazione, necessariamente convenzionale, del legislatore.