Quali misure sono lecite contro l’accaparramento

Articolo di Avv. Stefano Taurini
Pubblicazione: MARK UP
Data: 6 Febbraio 2023

Può accadere che al verificarsi di eventi drammatici -come da ultimo la guerra in Ucraina- il pubblico dei consumatori sia spinto a fare scorta di certi prodotti, nel timore di non poterli più reperire in futuro. Si genera in queste situazioni un anomalo aumento della domanda che crea serie difficoltà ai gestori dei punti di vendita, i quali, trovandosi nella necessità di non compromettere l’assortimento dei supermercati e con esso la qualità del servizio offerto alla clientela, reagiscono talvolta mettendo un limite alle quantità acquistabili da un singolo cliente.

Si discute sulla legittimità di queste misure – c.d “anti-accaparramento” – che, secondo alcuni, non sarebbero compatibili il decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114, che, come noto, riporta la disciplina relativa al settore commercio. In particolare è stato richiamato l’art. 3 di questo decreto, che risulta rubricato “obbligo di vendita” ed afferma che, in conformità alla previsione dell’art. 1336 del codice civile, il titolare dell’attività commerciale “procede alla vendita nel rispetto dell’ordine temporale della richiesta”. Se ne è dedotto che il dettagliante ha il dovere di vendere tutti i prodotti che risultano esposti sullo scaffale e non può quindi mettere alcun limite agli acquisti dei clienti.

Si tratta di una posizione non condivisibile per varie ragioni. Da precisare anzitutto il significato dell’art. 3 d.lgs 114, che, nonostante la discutibile formulazione della rubrica, non introduce alcun obbligo di vendita. Il senso della disposizione, se riferita ai supermercati, è quello di chiarire che la presentazione del prodotto sugli scaffali deve essere considerata come un’offerta al pubblico, nel senso indicato all’art. 1336 del codice civile. Si tratta dunque della proposta che il dettagliante rivolge a tutta la sua clientela per vendere quella merce al prezzo indicato. Questa proposta si considera accettata, con conseguente conclusione del contratto, nel momento in cui il cliente preleva dallo scaffale i singoli prodotti e li presenta alla cassa per il pagamento.

IL GESTORE DEL SUPERMERCATO – QUESTO IL SENSO DELL’ART. 3 DEL D. LGS. 114/98 – È TENUTO A RISPETTARE QUESTO MECCANISMO E NON PUÒ FARE DISCRIMINAZIONI TRA I CLIENTI CHE NON SIANO BASATE SULL’ORDINE DI PRESENTAZIONE DEI PRODOTTI ALLE CASSE

Nella normalità dei casi, la proposta contrattuale riguarda tutti i prodotti esposti ed il cliente può quindi acquistarli tutti. Non esiste però alcuna regola che impedisca ai dettaglianti, in casi come quelli in esame, di non vendere tutta la merce, mettendo un limite alla quantità acquistabile da un singolo cliente. Il gestore del punto resta pertanto libero di comunicare alla clientela, mediante cartelli o altri mezzi idonei, che la sua proposta di vendita, in relazione a determinate merci, non riguarda tutta la merce presente sullo scaffale, ma deve intendersi circoscritta ad un numero massimo di confezioni.

La conseguenza sarà questa, che prelevando dallo scaffale la quantità consentita il cliente accetterà la proposta e quindi concluderà il contratto ed acquisterà le merci. Prelevando invece confezioni eccedenti il limite fissato (e a lui noto, in quanto indicato negli avvisi) terrà un comportamento privo di significato negoziale, non potendosi ovviamente accettare una proposta che il dettagliante non ha mai fatto.