Il Consiglio di Stato sospende il proprio parere sulla T.U.N.

Articolo di Avv. Marco Rodolfi
Pubblicazione: Giuffrè Editore
Data: 23 Febbraio 2024

Il Consiglio di Stato, con provvedimento n. 194/2024, ha sospeso il proprio parere consultivo sullo schema di decreto “Regolamento recante la tabella unica del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità tra dieci e cento punti, comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all’età del soggetto leso, ai sensi dell’articolo 138, comma 1, lettera b), del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209”.

In data 13 febbraio 2024 si è svolta l’Adunanza della Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato che doveva fornire il proprio parere in relazione allo schema di “Regolamento recante la tabella unica del valore pecuniario” delle lesioni di non lieve entità (10-100% di danno biologico) ai sensi dell’articolo 138, primo comma del Codice delle Assicurazioni.

La risposta fornita in data 20 febbraio 2024 è stata per certi versi, come vedremo, “inaspettata” , in quanto l’opinione comune era che questa volta la Tabella Unica Nazionale avrebbe visto finalmente il proprio varo (atteso dal 2005!).

Dopo aver sottolineato la non perentorietà del termine previsto dalla legge n. 15/2022 per la sua adozione (1 maggio 2022 e quindi ampiamente scaduto), il Consiglio di Stato ha ricordato la “finalità” dell’intervento individuata nei due obiettivi previsti dal primo comma dell’art. 138 del C.d.A: “a) garantire il diritto delle vittime […] a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subìto”; b) “razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori”.

Tali obiettivi, tuttavia, “non si collocano sul medesimo piano”.

La direttiva “primaria”, tenuto conto dell’obbligo di dover tener conto nella elaborazione e formalizzazione dei dati parametrici, dei “criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità”(comma 2) mira: “con ogni evidenza, a salvaguardare, negli intendimenti del legislatore, la garanzia di effettività e congruenza del risarcimento del danno anche nel quadro delle tabelle “ministeriali” di nuovo conio e a scongiurare, in prospettiva programmatica, valutazioni al ribasso rispetto agli assetti remediali da riguardarsi quali tendenzialmente consolidati.

Di conseguenza, le plausibili esigenze di uniformità, omogeneità e certezza nella liquidazione dei danni non patrimoniali: “non possono andare a scapito della adeguatezza del ristoro riconosciuto alle vittime di incidenti o di malpractice sanitaria” .

Di fronte a questa impostazione diventa una “direttiva secondaria” quella “intesa alla salvaguardia della complessiva sostenibilità sistemica”.

Solo se si tiene conto di questa “prospettiva, che mette in correlazione la primaria esigenza di tutela dei diritti con gli equilibri del mercato assicurativo”, può poi acquisire “specifica coerenza” la rimessione, in via propositiva, dell’approntamento delle tabelle al Ministero delle imprese e del made in Italy, con il supporto tecnico-consultivo dell’Istituto di vigilanza, ma anche con il qualificato e necessario apporto co-decisionale del Ministero della giustizia, in via di concerto.

Apporto che, a parere del Consiglio di Stato, è mancato nel caso di specie, essendosi limitato il Ministero della Giustizia ad un intervento “meramente formale ed inarticolato”.

Di conseguenza: “già sotto questo primo profilo, l’emissione del parere deve essere sospesa, in attesa di una adeguata rinnovazione dell’attività di concertazione interministeriale”.

Ma vi è di più.

Dopo aver richiamato i criteri, i principi e le regole dell’art. 138 del C.d.A. nonché i punti tecnici della relazione illustrativa della Tabella elaborato dall’Amministrazione, il Consiglio di Stato ha osservato che: “la complessiva razionalità dell’operazione algoritmica implementata … appare, per un verso, concretamente compromessa, e resa non compiutamente intellegibile, da un approntamento non adeguato e non aggiornato dei dati aggregati di riferimento e, per altro verso, inficiata da una surrettizia inversione metodologica, rispetto alle direttive scolpite dalla base normativa”.

Sotto il primo aspetto, infatti, le risultanze della nota tecnica dell’IVASS che viene richiamata dall’Amministrazione sarebbe: “incentrata su dati temporalmente risalenti, omettendo una puntuale descrizione della situazione attuale, aggiornata con gli ultimi dati disponibili relativamente alla consistenza numerica ed alla distribuzione frequenziale dei sinistri (o degli eventi dannosi) registrati ed alla relativa dinamica apprezzata in un congruo e significativo lasso temporale, sia nell’ambito della circolazione stradale che nel contesto sanitario e socio-sanitario”.

L’analisi effettuata inoltre trascurerebbe il complessivo confronto comparativo con lo status quo del sistema risarcitorio “sia in termini assoluti, sia in termini relativi, in relazione ai diversi gradi di invalidità”, non offrendo così “elementi per scongiurare il rischio di regressione dei risarcimenti.

Si dovrebbe inoltre tenere conto “non solo della curva statistica dei punti di invalidità riconosciuti nell’arco temporale rappresentativo, ma anche della misura degli incrementi percentuali in funzione di differenziazione equitativa e di quantificazione idiosincratica del danno morale”, nonché degli aggiornamenti nelle more approntati (sia alla luce della evoluzione della giurisprudenza, sia in ragione degli adeguamenti imposti dal fenomeno inflattivo), ai riferimenti tabellari utilizzati dagli uffici giudiziari sia milanesi che romani, con adeguata giustificazione dei relativi scostamenti e delle valorizzate opzioni di uniformazione.

Sotto il secondo profilo, poi, la sostenibilità degli impatti economici sul sistema assicurativo: “non può essere acquisita e valorizzata quale vincolo ex ante (ovvero limite rigido e predefinito) per una diluita scansione parametrica dei potenziali esiti remediali, in funzione di generalizzato ed ingiustificato temperamento o, perfino, di misurata e programmatica riduzione della tutela delle vittime”.

Pertanto: “solo un eventuale e dimostrato esito di squilibrio macro-economico sulla complessiva redditività delle imprese di settore potrebbe legittimare, nella prospettiva solidaristica evocata dalla Corte costituzionale (cfr. la sentenza n.235/2014, peraltro riferita alle lesioni c.d. micropermanenti), una opzione sostanzialmente calmierante”.

Tale dimostrazione non è emersa dalla documentazione allegata.

Il Consiglio di Stato pertanto ricorda che: “la direttiva di razionalizzazione dei costi gravanti sul sistema assicurativo – che asseconda, per un verso, le aspettative di certezza, calcolabilità e prevedibilità degli operatori economici e dovrebbe contribuire a disincentivare, in prospettiva predittiva il contenzioso e a favorire la definizione stragiudiziale delle pratiche di liquidazione – non va intesa quale ragione di deminutio della pienezza, effettività ed adeguatezza della tutela che va riconosciuta alle vittime di eventi dannosi”.

Alla luce di tutto ciò il Consiglio di Stato ha sospeso il proprio parere al fine di “riattivare (anche a mezzo di apposito confronto pubblico con i soggetti a vario titolo rappresentativi) l’analisi di contesto ed aggiornare (con il necessario supporto tecnico ed istruttorio) i dati sottostanti alla articolata elaborazione tabellare, esplicitando i termini di un confronto comparativo puntuale e circostanziato con i parametri tabellari attualmente utilizzati nelle varie sedi giudiziarie e validati dalla giurisprudenza di legittimità ed illustrandole.