La ripartizione degli oneri nella responsabilità sanitaria

Articolo di Avv. Filippo Martini e Avv. Mauro De Filippis
Pubblicazione: INSURANCE DAILY
Data: 6 Maggio 2022

Un caso di aborto avvenuto dopo un prelievo di liquido amniotico offre la possibilità alla Corte di Cassazione di esprimersi nel chiarire i ruoli tra il paziente attore, tenuto ad allegare il fatto, e il medico, cui spetta di provare la propria corretta condotta.

Non spetta all’attore provare che la prestazione medica è stata eseguita in contrasto con le indicazioni provenienti dalla letteratura medica, nello specifico consistita nell’indebita effettuazione di tre consecutivi prelievi di liquido amniotico, ma solamente la colpevole condotta del sanitario, secondo il criterio del più probabile che non, rimanendo a carico di quest’ultimo l’onere di dimostrare che la prestazione è stata eseguita con la dovuta diligenza professionale e che l’evento di danno si è verificato per una causa a lui non imputabile.
È questo il principio affermato dalla recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione sezione 3 Civile nella sentenza 10050 del 29 marzo scorso.
La vicenda concerne la perdita del feto da parte di una donna che alla quindicesima settimana di gravidanza si era sottoposta ad amniocentesi presso un presidio ospedaliero, ove l’esame veniva eseguito in modo imprudente e imperito dal sanitario, il quale, contrariamente alle indicazioni della letteratura medica, aveva proceduto a tre consecutive inserzioni dell’ago nell’utero della donna, con ciò provocandole il pericolo di aborto.