Danno parentale ad ampio raggio: spetta anche se il nipote perde lo zio
Articolo di: Avv. Maurizio Hazan, Avv. Alessia Roja
Pubblicazione: Il Sole 24 Ore
Data: 2 Ottobre 2023
Da valutare le componenti morale e relazionale, oltre a quella psichica
Si applica il sistema a punti: ma le tabelle di Milano e Roma usano calcoli diversi
Il risarcimento del danno parentale spetta anche ai nipoti per la perdita dello zio, rimasto vittima di un incidente stradale. Tale relazione familiare, pur non strettissima, rientra infatti tra quelle sufficientemente prossime da far ritenere presuntivamente l’esistenza, per i parenti superstiti, di un danno serio e apprezzabile (nel caso in cui, per effetto di un illecito, il rapporto parentale venga meno o sia seriamente compromesso). Lo ha chiarito la Cassazione che, con l’ordinanza 26140 del 7 settembre scorso, è tornata sulla perdita del rapporto parentale, cogliendo l’occasione per una ricognizione aggiornata del tema.
Le componenti
La Cassazione ricorda che il danno non patrimoniale (quale è quello parentale) deve essere apprezzato, ed eventualmente liquidato, in entrambe le componenti che ne integrano la struttura: il danno morale, che consiste nella sofferenza interiore, e il danno relazionale, inteso come significativa (e oggettiva) modifica delle abitudini di vita del danneggiato. Il tutto a patto che, «all’esito di articolata ed esaustiva istruttoria», ne sia data prova. Prova che si raggiunge, per il danno morale, in forza di un ragionamento deduttivo fondato su fatti notori, massime di esperienza o presunzioni che consentono di ritenere, salvo prova contraria, che la perdita del parente abbia dato luogo a sofferenze interiori. Il danno dinamico relazionale, più obiettivo, deve essere oggetto di prova rappresentativa diretta. Può inoltre accadere che il parente abbia patito anche un danno biologico (per lo più psichico) separatamente liquidabile se direttamente riconducibile allo stress subìto per effetto della perdita.
Al di là delle affermazioni di principio, la separata valorizzazione di tali poste di danno, da effettuare evitando duplicazioni risarcitorie, può essere in concreto difficile, specie se il parente chiede la liquidazione sia del danno morale, sia del danno psichico (entrambi riconducibili alla sofferenza dovuta alla perdita). Un aiuto, al riguardo, viene dalla medicina legale. La Cassazione ricorda poi che lo «sconvolgimento delle abitudini di vita» non è un elemento costitutivo della fattispecie ma un elemento di eventuale personalizzazione del risarcimento, qualora adeguatamente allegato e rigorosamente provato.
Sistema «a punti»
Ciò posto, la Suprema Corte ribadisce (si veda anche 10579/2021) che il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato sulla base di un sistema a punti, che attribuisca a determinate circostanze di fatto (quali l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) un determinato punteggio, la cui somma, moltiplicata per un dato valore convenzionale, esprima la quantificazione del risarcimento. Tale metodo tabellare a punti è stato adottato sia dal Tribunale di Roma che da quello di Milano, con impostazioni che, per quanto entrambe avallate dalla Cassazione (37009/2022), non sono del tutto omogenee (ad esempio, la tabella milanese neppure contempla, tra le fattispecie tipizzate, il danno del nipote per perdita dello zio). Il che può creare qualche imbarazzo tra gli operatori del diritto e alimentare fenomeni di forum shopping non in linea con le esigenze di uniformità e prevedibilità della decisione poste a base del metodo tabellare.
È soprattutto sul versante della personalizzazione che i due sistemi divergono di più. Il Tribunale di Milano, infatti, prevede che il punteggio finale possa essere aumentato sino a ulteriori 30 punti al ricorrere di fattori specifici di personalizzazione della relazione parentale e del danno. È in quei 30 punti che potrebbe essere, dunque, valorizzato quel particolare «sconvolgimento delle abitudini di vita» a cui la Cassazione si riferisce. Ma, analizzando i parametri di personalizzazione nella tabella milanese emergono alcune circostanze di fatto che paiono costituire elemento fondante e strutturale (e non personalizzante) della fattispecie del danno parentale: come le frequentazioni, i contatti, la condivisione di festività, vacanze o sport. Ma se il parente non è in grado di dimostrare alcuna di quelle circostanze dovremmo parlare di danno non personalizzabile o di danno inesistente?
La tabella di Roma non pare funzionare in questo modo poiché prevede che i cinque fattori «di influenza del risarcimento» (al fine di graduarlo in funzione dell’intensità della relazione) operino «una volta ritenuta provata una serie relazione affettiva». La prova degli elementi minimi costitutivi della fattispecie pare dunque dover preesistere all’applicazione del metodo a punti. Insomma, metodi non coincidenti per risultati non omogenei: dovrebbe intervenire il legislatore per una regolamentazione univoca, e definitiva, della materia.