Non c’è mala gestio se l’assicurazione procede in base agli atti disponibili

Articolo di: Avv. Maurizio Hazan, Avv. Pasquale Picone
Pubblicazione: Il Sole 24 Ore
Data: 6 Settembre 2023

I parametri della Cassazione su presunzione di colpa e supero del massimale

Che cosa accade in fase di liquidazione quando i danni di un incidente stradale superano il massimale della polizza Rc auto del responsabile. L’ordinanza n. 24893 depositata il 21 agosto dalla Cassazione conferma l’orientamento fin qui consolidato e dà l’occasione per chiarire soprattutto le differenze tra la cosiddetta mala gestio propria dell’assicuratore e quella impropria (per le definizioni, si veda anche la scheda in alto).

Nella prima, la compagnia deve rispondere dei danni che arreca al proprio assicurato, a prescindere dal limite di massimale previsto dalla polizza. La Cassazione rimanda al classico esempio in cui l’assicuratore, dopo aver rifiutato colpevolmente una vantaggiosa offerta transattiva avanzata dal danneggiato (contenuta entro i limiti del massimale), coltivi incautamente la lite lasciando esposto l’assicurato al rischio che, a fine giudizio, la pretesa del danneggiato sia accolta per importi eccedenti quei limiti (e perciò non coperti dalla polizza).

Nella mala gestio impropria, il riferimento alla figura della mala gestio sarebbe, secondo la Corte, mal posto ed errato: la fattispecie integrerebbe null’altro che un caso di mora debendi. Sarebbe, perciò, un semplice inadempimento dell’obbligazione di pagamento posta direttamente in capo all’assicuratore, tenuto perciò (articolo 1224 del Codice civile) a pagare interessi e, se richiesto, rivalutazione, senza limiti di sorta, anche se oltre il massimale di polizza e decorrenti dal momento della sua costituzione in mora ope legis (coincidente con lo scadere del termine di 90 giorni di cui all’articolo 148 del Codice delle assicurazioni, Cap).

Tali argomenti ricalcano pedissequamente le considerazioni svolte, tra l’altro, nella precedente ordinanza 4668/2022, ma omettono di riportarne un passaggio importante: l’infruttuoso decorso dei 90 giorni, senza che l’assicuratore abbia formulato una congrua offerta, pone, secondo la Corte, una presunzione ex lege di colpa nell’inadempimento del proprio obbligo liquidativo, tal da far scattare, appunto, la mora debendi. Ma è una presunzione, vincibile se la compagnia può dimostrare che le decisioni assunte (di non soddisfare, in tutto o in parte, la richiesta risarcitoria entro i termini di legge) non fossero affatto errate (né colpevoli) nel tempo in cui sono state prese e che, anzi siano state ben ponderate e sorrette da una corretta valutazione del materiale probatorio diligentemente acquisito agli atti.

Se è vero, come dice la Cassazione, che l’assicuratore della Rc auto non è un debitore qualsiasi, ma un debitore qualificato dalla sua veste professionale, è altrettanto vero che per decidere correttamente di formulare o meno un’offerta debba poter contare sulla piena e altrettanto corretta cooperazione del danneggiato (e anche del proprio assicurato, articolo 143 del Cap). Nella pratica può invero accadere che – al di là delle più gravi ipotesi di improponibilità dell’azione nei casi in cui il danneggiato non abbia adempiuto alle richieste di integrazione documentale previste dalla normativa o non si sia sottoposto ai necessari accertamenti peritali – alcuni elementi probatori emergano e siano disvelati solo in corso di giudizio, tradendo talvolta la volontà di risolvere la questione in sede processuale e non nell’ambito della procedura liquidativa stragiudiziale. In queste ipotesi la “gestione” del contenzioso da parte della compagnia potrebbe andare immune da censure e non integrare affatto quei casi di mala gestio impropria della fase liquidativa che possono dar luogo agli effetti della mora e del conseguente, ed eventuale, superamento del massimale.