Giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica: la giurisprudenza più recente e le novità dopo la riforma

Due articoli e una scheda riepilogativa in cui gli avvocati Maurizio Hazan ed Andrea Codrino analizzano le novità giurisprudenziali e i primi dubbi applicativi in tema di azione diretta verso l’assicurazione dopo la riforma.

Pubblicazione: Il Sole 24 Ore
Data: 13 Maggio 2024

Manca la cartella clinica: prova a favore del paziente

Nell’ambito dei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità sanitaria, la mancanza – o l’incompletezza – della cartella clinica non implica il rigetto della domanda del paziente ma, al contrario, è un elemento di fatto che può essere valutato per ritenere provato il nesso di causa. Lo ha ribadito la Cassazione con l’ordinanza 11224 del 26 aprile 2024 che ha censurato la decisione di merito che, disattendendo questo principio, aveva respinto la domanda risarcitoria pur a fronte di una cartella clinica del tutto lacunosa e tale da non consentire di ricostruire l’iter diagnostico e terapeutico seguito dalla struttura ospedaliera.

La Suprema Corte ha già affermato che la carenza della documentazione sanitaria acquisibile presso la struttura non può andare a scapito del paziente, se a causa di tale lacuna questi sia impossibilitato ad adempiere gli oneri probatori (nesso di causa) posti a suo carico. Al contrario, l’eventuale incompletezza della cartella clinica può bastare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido legame causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente quando il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare la lesione.

La documetazione
La vicenda riguardava il decesso di una paziente, avvenuto, secondo quanto riferito dal certificato necroscopico, a causa di un’aneurisma dell’aorta. La mancanza della cartella clinica precludeva di comprendere se si fosse trattato di dissezione aortica trattabile chirurgicamente o con terapia farmacologica, con diverse probabilità di successo nelle due ipotesi. Ma soprattutto la documentazione clinica disponibile, limitata agli esiti (negativi) di una consulenza cardiologica, non consentiva di comprendere quale fosse stato il percorso diagnostico strumentale seguito per accertare tempestivamente la patologia. Ciò avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a stigmatizzare l’insufficienza della cartella clinica quale fatto idoneo a far ritenere affermato, e non escluso, il nesso di causa, sulla base di un ragionamento presuntivo giustificato dal principio di vicinanza della prova. Al contrario il giudice del merito, pur prendendo atto delle gravi carenze documentali, riteneva di poterle superare facendo leva su altri elementi indiziari e in particolare sulla versione dei fatti che la sorella della vittima aveva reso alle Autorità inquirenti; versione ritenuta idonea a «sopperire alle insufficienze della documentazione sanitaria in atti» e a escludere ogni negligenza o imperizia nella condotta dei medici. La natura atecnica di tale racconto, fornito sulla base di suggestioni e impressioni personali, avrebbe dovuto diversamente orientare la Corte d’appello, inducendola a considerare la mancata acquisizione della cartella clinica come un fatto su cui fondare il giudizio di causalità.

L’organizzazione
La Suprema Corte cassa la sentenza d’appello, censurando il percorso motivazionale, ritenuto apparente e illogico anche sotto un altro profilo. Per la Corte d’appello la condotta dei sanitari non avrebbe potuto esser criticata perché, quand’anche un diverso percorso diagnostico avesse consentito un più tempestivo accertamento della patologia aortica, la struttura comunque non avrebbe potuto intervenire utilmente, non disponendo di mezzi e personale qualificato per organizzare un’equipe di cardio-chirurghi adeguatamente specializzati, con relativa assistenza di anestesisti-rianimatori e personale di sala chirurgica (difficilmente disponibile in un ospedale secondario quale quello in cui si è verificato l’evento).

La Cassazione ha obiettato che eventuali deficit organizzativi non costituiscono esimenti ma qualificano a maggior ragione un inadempimento imputabile quando la struttura non provvede tempestivamente a trasferire il paziente presso un altro centro debitamente allestito. Il che conferma l’importanza della corretta gestione del rischio clinico e organizzativo, così come predicata dalla legge 24/2017.

Dal 16 marzo risarcimenti con azione diretta verso l’assicurazione

Con l’entrata in vigore, il 16 marzo 2024, del decreto ministeriale 232/2023 attuativo della legge 24/2017, è diventato operativo il regime dell’azione diretta che consentirà ai danneggiati da responsabilità sanitaria di chiedere il risarcimento alle compagnie assicuratrici dei (soli) ospedali pubblici e privati (se assicurati e non in autoritenzione) e dei medici liberi professionisti che hanno un rapporto diretto con il paziente, al pari di quello che avviene nella Rc auto.

Si pone però un dubbio intertemporale: l’azione diretta si applica a tutti i contratti o solo a quelli emessi dopo la data di entrata in vigore del decreto attuativo? La soluzione del problema passa attraverso la qualificazione – processuale o sostanziale – della norma.

Il tema è stato affrontato per la prima volta dal Tribunale di Locri con la sentenza del 18 aprile 2024 che, pur dichiarando inammissibile la domanda della danneggiata proposta direttamente nei confronti dell’assicurazione della struttura (perché anteriore al 16 marzo 2024), ha rilevato che la natura processuale della norma implica, in virtù del principio tempus regit actum, la possibilità di applicare la norma ai fatti lesivi già realizzati al 16 marzo 2024 ma a condizione che l’azione sia proposta dopo tale data.

Questa conclusione, che parrebbe ammettere l’azione diretta anche in relazione a contratti stipulati in precedenza, mal si concilia con l’articolo 12, comma 6, della legge 24/2017, secondo cui l’azione diretta si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto con il quale sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative. È proprio la determinazione dei requisiti minimi delle polizze assicurative a integrare i limiti di operatività dell’azione diretta e delle eccezioni opponibili, rivelando una natura non soltanto processuale ma anche sostanziale, stabilendo in che termini l’assicuratore possa, o non possa, resistere all’azione diretta invocando una delle ragioni di inoperatività della garanzia previste dall’articolo 8 del decreto ministeriale. Sostenere che l’azione diretta possa essere promossa anche in relazione a contratti di vecchia generazione che, al tempo della stipula, non erano conformi ai requisiti minimi previsti dal decreto costituisce una forzatura evidente (che porrebbe a carico delle imprese assicurative nuovi oneri e pesi liquidativi che non erano stati presi in considerazione al momento della quotazione del rischio, al netto del regime delle opponibilità delle eccezioni). Ciò a prescindere da quanto stabilito dal regime transitorio: l’articolo 18 del decreto 232/2024 espressamente chiarisce che i contratti in vigore al 16 marzo 2024 non perdono di efficacia ma la mantengono – con diverse modulazioni a seconda che si tratti di contratti a bando ovvero a contrattazione privata – fino al limite massimo di 24 mesi.

Per cui, se è vero che di principio i contratti di nuova generazione (quindi stipulati dopo il 16 marzo 2024) dovranno essere adeguati alla legge, con ammissibilità dell’azione diretta, per quelli vigenti, privi dei requisiti minimi, il decreto non entra in vigore, precludendo la possibilità per i danneggia ti di proporre domande risarcitorie direttamente nei confronti delle compagnie.

La legge e l’attuazione

La legge 24 del 2017 ha riformato la responsabilità sanitaria prevedendo, tra l’altro, l’obbligo di assicurazione per ospedali e cliniche (che possono scegliere, in alternativa, di gestire il rischio in autoritenzione) e sanitari. Si introduce l’azione diretta verso la compagnia di assicurazione di ospedali e medici liberi professionisti

Il regolamento
Le disposizioni attuative della legge 24 del 2017 in materia di requisiti minimi delle polizze sanitarie sono state varate, dopo una lunga gestazione, dal regolamento contenuto nel decreto ministeriale 232 del 2023, in vigore dal 16 marzo 2024. Da questa data si applicano anche le disposizioni sull’azione diretta.