Per le polizze sanitarie il nodo dei termini dell’allineamento ai nuovi criteri

Articolo di Avv. Maurizio Hazan
Pubblicazione: Il Sole 24 Ore
Data: 9 Aprile 2024

Il 16 marzo scorso è entrato in vigore il decreto del ministero delle Imprese e del made in Italy 232/2023 sui requisiti minimi delle polizze assicurative della Rc sanitaria e sulle condizioni di operatività delle «analoghe misure» di copertura del rischio da parte delle strutture sanitarie che abbiano scelto di assumerlo in carico direttamente. Il provvedimento, attuativo dell’articolo 10, comma 6, della legge Gelli (24/2017), produce significativi cambiamenti nel modo di coprire il rischio clinico, ma dà anche luogo a numerosi dubbi interpretativi, sia in relazione alla concreta operatività delle «analoghe misure», sia con riferimento all’applicazione di alcuni istituti sino a oggi del tutto sconosciuti nella prassi assicurativa di mercato (tra questi l’azione diretta, la regola della non opponibilità delle eccezioni e il bonus malus).

In tale situazione, anche al fine di guadagnare tempo, ci si chiede se la disciplina transitoria prevista dall’articolo 18 del decreto – che prevede un termine massimo di 24 mesi per mettersi in regola e andare a regime – possa applicarsi trasversalmente a tutte le nuove disposizioni. La risposta sembra negativa, giacchè l’articolo 18 non ha previsto un differimento biennale ”secco” dell’applicazione del decreto ma una regola transitoria variabile, a seconda dei casi. Così, quanto ai sistemi di autoritenzione, il comma 4 dell’articolo 18 assegna effettivamente alle strutture sanitarie un termine di 24 mesi per adeguarsi alle «misure organizzative e finanziarie previste al Titolo III» (tra le quali la costituzione dei due fondi di riserva e l’allestimento delle «funzioni per il governo del rischio assicurativo e valutazione dei sinistri»). Quanto invece alle polizze aggiudicate nell’ambito di bandi pubblici, il comma 3 prevede che i contratti poliennali che siano in corso di validità alla data del 16 marzo 2024 possano, qualora non rinegoziabili, continuare a produrre effetti sino alla loro naturale scadenza ma comunque non oltre il termine di 24 mesi, decorso il quale dovranno intendersi cessati. Il che consente di affermare che tutte le nuove polizze a bando dovranno essere invece conformi alle previsioni del decreto.

Per tutte le altre polizze vale il comma 2 dell’articolo 18, in base al quale entro 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto, «gli assicuratori adeguano i contratti di assicurazione in conformità ai requisiti minimi di cui al presente decreto nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia». È questa la disposizione invocata per affermare che sino al 16 marzo 2026 sarebbe possibile emettere nuove polizze non conformi al decreto. Per sostenere questa tesi, il riferimento ai contratti oggetto di adeguamento dovrebbe essere inteso in senso esteso, sino a comprendere, oltre ai contratti in corso di validità, anche i modelli dei “prodotti a catalogo” destinati a futura commercializzazione. Questa chiave di lettura non pare convincente, in primo luogo per un motivo testuale: il lemma “adeguare” (un contratto, così come gli asset organizzativi della struttura in caso di autoritenzione) non

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può che riferirsi a un rapporto già esistente, stipulato in base alle condizioni liberamente concordate dalle parti prima dell’entrata in vigore del decreto e, perciò, non conforme alle attuali prescrizioni normative. Un contratto di nuova stipula non dovrebbe, invece, “adeguarsi” ma “nascere” conforme alle prescrizioni del decreto ministeriale. Sembra dunque da preferirsi un’interpretazione più stretta, tale da riferire l’obbligo di adeguamento (a scadenza e comunque entro il biennio transitorio) ai contratti (e non ai modelli contrattuali) oggi in corso di validità.

Si consideri, peraltro, che nel biennio concesso alle strutture per scegliere se ricorrere, o meno, alle analoghe misure, la relativa decisione dovrebbe poter essere assunta potendo valutare l’alternativa assicurativa sulla base delle polizze già conformi reperite a mercato. Qualche dubbio può presentarsi per le polizze assoggettate a tacito rinnovo, in relazione alle quali sembrerebbe comunque necessario l’adeguamento a scadenza, almeno nei casi in cui la durata del rinnovo successivo ecceda il periodo transitorio biennale. Il fatto, poi, da qualcuno sottolineato, che si possano creare differenze di trattamento tra diverse categorie di assicurati (alcuni garantiti da polizze non conformi e altri invece allineati al decreto) pare effetto naturale del carattere sostanziale delle nuove disposizioni regolamentari.

Chi intenda comunque seguire la tesi meno rigorosa, continuando, nel prossimo biennio, a dar vita a polizze non conformi, dovrà consapevolmente esporsi a rischi non trascurabili, correlati all’atteggiamento che la giurisprudenza assumerà sull’argomento. Invero le polizze di nuova generazione non allineate potrebbero esser riqualificate dal giudice, attraverso un’operazione di sostituzione automatica delle clausole difformi, in base all’articolo 1419 comma 2 del Codice civile. Un esempio di agevole comprensione riguarda i massimali, che sarebbero immediatamente adeguati – se inferiori – ai valori minimi previsti dall’articolo 4 del decreto ministeriale. E comunque non si può dimenticare che con l’entrata in vigore del regolamento, in base all’articolo 12 della legge 24/2017, è diventato immediatamente operativo il regime dell’azione diretta, che consentirà ai danneggiati di rivolgersi direttamente alle compagnie assicuratrici, al pari di ciò che avviene nella Rc auto. Tali effetti e la disciplina di legge primaria parrebbero applicabili alle (sole) polizze conformi ai requisiti minimi emesse dopo il 16 marzo e sarebbero considerevolmente vanificati se l’obbligo di adeguare i modelli di polizza fosse effettivamente differibile di 24 mesi. A voler diversamente opinare, avremmo un’azione diretta immediatamente applicabile a contratti che, ancorchè di nuova generazione, potrebbero non essere ancora adeguati al decreto ministeriale 232: con la non trascurabile conseguenza – tra le altre – di costringere la compagnia a pagare il terzo danneggiato senza poter opporre le eccezioni contrattuali (tra cui limiti di franchigia e di Sir) previste dall’articolo 8 del regolamento.