Guida autonoma, responsabilità anche per produttore e assicurazione

Articolo di Maurizio Hazan, Giovanni Paolo Travaglino
Pubblicazione: Sole 24 Ore
Data: 8 Marzo 2022

I nuovi Adas segnano l’inizio dell’evoluzione verso veicoli a guida automatica al 100%. Si ipotizza la creazione di un fondo finanziato solo in parte dai consumatori.

Il debutto degli Adas di livello 3, nuovo step della guida autonomatizzata (si veda «Il Sole 24 Ore» dell’8 febbraio), è il primo, robusto, passo che porta il veicolo ad affrancarsi, più o meno in tutto, dal controllo del conducente (scheda a destra). E quindi dal fattore umano come causa di incidenti. Ciò impone un serio ripensamento prospettico della disciplina sulla responsabilità da circolazione stradale (e relativa assicurazione).

Da ottant’anni c’è il rigoroso sistema fissato dall’articolo 2054 del Codice civile, ben sintetizzato dalle Sezioni unite della Cassazione nella sentenza 8620/2015 e basato su responsabilità presunte od oggettive del conducente e del proprietario del veicolo. Il presupposto è l’intrinseca pericolosità tanto del veicolo quanto della circolazione, che crea l’esigenza di tutelare i terzi danneggiati. Di qui l’obbligo di assicurazione Rc auto, attraverso formule di garanzia più ampie delle coperture ordinarie.

Tale approccio non calza del tutto alla guida autonoma: l’intelligenza artificiale (Ia) mira a mettere in sicurezza la circolazione e attenua (con gli Adas) fin forse a eliminarla (con la guida autonoma di livello 5) la centralità della figura del conducente. È un ciclo produttivo multifasico e composito, che coinvolge tanti altri soggetti: da chi redige l’algoritmo che sta alla base dell’Ia a chi lo testa, alla sua confluenza in un software, a chi esegue manutenzione e aggiornamento di quest’ultimo e a chi lo installa. Come configurarne la responsabilità in caso di sinistro, specie in caso di malfunzionamenti del programma?

Così c’è chi invoca un intervento di riforma. Ma c’è pure chi ritiene che basti leggere in termini elastici le disposizioni attuali, affiancando la responsabilità da Rc auto a quelle da prodotto difettoso (articoli 115 e seguenti del Codice del consumo).

Si è pure ipotizzato di valorizzare l’alea insita in un sistema che potrebbe lasciare spazi a incidenti del tutto slegati dal comportamento degli utenti della strada e dal rispetto delle migliori linee guida di costruzione/allestimento dei veicoli. Tale alea, quale rischio inevitabile di un sistema comunque votato alla miglior sicurezza, potrebbe trovar rimedio in un sistema non risarcitorio ma indennitario, introducendo un fondo apposito. Vi dovrebbero contribuire tutti i soggetti coinvolti dagli effetti, complessivamente bénefici, della nuova tecnologia (produttori, assicuratori e utenti-consumatori). Ciò incentiverebbe la produzione, ma potrebbe elidere la deterrenza dei sistemi di responsabilità dei produttori, la cui attenzione potrebbe abbassarsi.

L’idea di un fondo indennitario potrebbe, peraltro, risolvere le delicatissime questioni etiche sulle tragic choices che una guida autonoma potrebbe trovarsi a compiere in una situazione di pericolo, in cui si debba scegliere quale bene e quale interesse tutelare di fronte all’inevitabilità di un danno. Qui i princìpi della responsabilità civile mostrano il fianco, salvo qualche assonanza con le regole di indennizzo in stato di necessità (articolo 2054 del Codice civile). Che qui dovrebbero però misurarsi con l’esigenza di ponderare ex ante, e non all’atto del sinistro, le istruzioni da fornire all’Ia per gestire l’emergenza.

Quel che in ogni caso dovrà resistere è la copertura assicurativa dei veicoli. Potrà immaginarsi un’estensione dell’obbligo di assicurazione ai produttori della nuova tecnologia. O almeno un loro obbligo di copertura delle eventuali azioni di regresso esperibili dai proprietari dei veicoli, se chiamati a rispondere prima di loro.

Non vi è peraltro dubbio che già con gli Adas il minor coinvolgimento del conducente impatterà fortemente sulla valutazione di un rischio da sempre calcolato in funzione di una sinistrosità per lo più ancorata ai comportamenti del guidatore (come nel bonus malus, che già oggi presta il fianco a numerose critiche).

Si profila, dunque, una rivoluzione straordinaria, assai meno fantascientifica di quanto qualcuno narra. Certo, resta in divenire l’esperienza “sul campo”, di cui i giuristi dovrebbero tener conto per uscire dal guado di ricostruzioni fenomenologiche che rischiano di rimanere troppo teoriche. Ma le scelte giuridiche future condizioneranno la diffusione della guida autonoma, che si ritiene potrà, a medio-lungo termine, ridurre sino ad oltre il 90% i sinistri con veicoli.

Dagli Adas all’Ia

La classificazione
La Sae (Society of automotive engineers) ha individuato 6 livelli di automazione della guida: da 0 (nessuna assistenza al conducente) a 5 (assenza di dispositivi atti alla guida manuale, con sostanziale sostituzione del “sistema macchina” all’uomo, anche se ci s ipotrebbe fermare al livello 4, in cui il veicolo può fare tutto “da sé” Ma conserva volante e pedali ). Il Regolamento Ue 2019/2144 sugli Adas (Advanced driver assistance systems) introduce, da luglio 2022, l’obbligo di equipaggiare i nuovi veicoli di livello 2, con sistemi di sicurezza attiva come adattatori automatici di velocità avviso di distrazione del conducente.

Il primo punto di svolta
Il livello 3, che sta per entrare sul mercato, è il primo in cui il guidatore sarà autorizzato a non tenere le mani sul volante, per ora solo in autostrada a velocità fino a 60 km/h. Farà emergere il conflitto tra guida assistita e articolo 8 della Convenzione di Vienna 1968, secondo la quale «ogni veicolo in movimento… deve avere un conducente. Ora in sede internazionale (Unece) il requisito del conducente umano si ritiene rispettato anche dal livello 3.